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PERDITA DI MEMORIA: UN CHIP NEL CERVELLO PUÒ AIUTARE A RITROVARLA

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Perdita di memoria: una nuova scoperta

La Defense Advanced Research Project Agency (Darpa), agenzia di ricerca sulle tecnologie più avanzate, ha investito 77 milioni di dollari (negli ultimi cinque anni) per sviluppare e sperimentare dei dispositivi elettronici, in grado di aiutare le persone che hanno perso la memoria.

I ricercatori americani stanno testando in via sperimentale una sorta di chip da impiantare nel cervello come una protesi. Questo dispositivo sarebbe in grado di far recuperare la memoria ai pazienti che hanno subito traumi alla testa.

Dallo scorso anno, due gruppi di ricercatori hanno cominciato a condurre i primi test e hanno pubblicato i risultati delle sperimentazioni.

A creare il cosiddetto “chip di memoria” è stato Michael Kahana, professore di psicologia all’Università della Pennsylvania assieme alla società di tecnologia medicale Medtronic. Il professore ha effettuato i primi test svolti su alcuni pazienti al campus ospedaliero della Mayo Clinic, in Minnesota ed ha poi mostrato i risultati ottenuti.

I test sperimentali:

Primo test

Durante il primo test sulla memoria, al paziente preso in esame è stato chiesto di ricordare 12 parole.
Di queste 12 parole il paziente è riuscito a ricordarne solo tre: balena, buca e zoo. In un secondo test, al paziente era stata impiantata la protesi-chip nella corteccia cerebrale dorso-laterale, quella legata alla working memory. In questo caso è riuscito a ricordare le 12 parole senza esitazione.

I ricercatori hanno quindi concluso che laddove l’attività cerebrale risulta al di sotto del livello ottimale, il dispositivo è in grado di inviare un piccolo impulso al cervello (che il paziente non avverte) per migliorare il segnale e aumentare la possibilità di ritrovare la memoria.

Secondo i ricercatori, quindi, il prototipo di protesi cerebrale può migliorare la memoria dei pazienti dal 15% al 18%.

Secondo test

Il secondo gruppo di ricercatori, guidato dal professor Robert Hampson, ha condotto i primi test su pazienti umani al Wake Medical Center di Winston-Salem, in North Carolina, con la collaborazione dell’Università della Southern California.

In questo caso i ricercatori si sono serviti di una metodologia più accurata, la quale ha consentito dei miglioramenti nel recupero della memoria dei pazienti di circa il 40%. Si sono concentrati in particolare sulle questioni legate alla memoria breve.

Per la formazione della memoria breve diversi tipi di neuroni lavorano nella medesima direzione e trasmettono al cervello una sorta di codice. Questo codice è differente per ogni ricordo e per ogni persona.

Il team di ricercatori ha dunque deciso di studiare il comportamento di una dozzina di neuroni nell’ippocampo (area del cervello responsabile della formazione della memoria). In questo modo sono riusciti ad individuare i codici che indicano la corretta formazione della memoria.

Questi codici servono laddove questa memoria non riesce a svilupparsi. Essi vengono infatti trasmessi alla mente, come degli impulsi per sostenere il processo di formazione della memoria.

Le valutazioni finali

I test sperimentali dei “chip di memoria” al cervello sono stati effettuati su malati di epilessia. Gli elettrodi-sensori impiantati nel cervello di ogni paziente hanno monitorato i segnali elettrici. Ogni dispositivo, però, per funzionare necessita di un hardware esterno molto ingombrante, il quale per ora risulta impossibile da impiantare in un cranio.

Proprio per questo motivo, il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di riuscire a costruire dei dispositivi più piccoli idonei per essere impiantati. La strada è sicuramente ancora lunga ma la ricerca non si ferma

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