Home»Alimentazione»Nuova scoperta: difetti genetici nella digestione dei carboidrati associati alla sindrome dell’intestino irritabile

Nuova scoperta: difetti genetici nella digestione dei carboidrati associati alla sindrome dell’intestino irritabile

0
Shares
Pinterest Google+

Un recente studio internazionale, coordinato dal Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università LUM Giuseppe Degennaro insieme al gruppo di Genetica Gastrointestinale dell’Istituto CIC bioGUNE, ha rivelato un legame tra alcuni difetti genetici nella digestione dei carboidrati e la sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Lo studio suggerisce che variazioni genetiche nei geni responsabili degli enzimi digestivi umani, noti come hCAZymes, possono influenzare l’insorgenza e la gravità della sindrome.

I risultati indicano che una dieta a basso contenuto di carboidrati può rappresentare un’efficace strategia per alleviare i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile in persone con particolari predisposizioni genetiche. Lo studio ha coinvolto un campione di 250 pazienti affetti da IBS, comparando l’efficacia di due trattamenti distinti: una dieta a basso contenuto di FODMAP, che limita i carboidrati fermentabili, e l’uso del farmaco antispasmodico otilonio bromuro.

Secondo i dati raccolti, i pazienti che presentavano varianti ipomorfiche nei geni hCAZyme, ossia con una funzionalità enzimatica ridotta, hanno mostrato un significativo miglioramento dei sintomi grazie alla dieta low-FODMAP rispetto ai non portatori di queste varianti genetiche. Al contrario, lo stesso miglioramento non è stato riscontrato nei pazienti trattati con il solo farmaco, evidenziando così l’importanza di una predisposizione genetica nella risposta a trattamenti dietetici.

La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo diffuso a livello mondiale, che colpisce circa il 10% della popolazione globale. Tuttavia, i sintomi e le modalità di trattamento variano da persona a persona, rendendo difficile una gestione uniforme della condizione. La ricerca apre le porte a nuove possibilità per personalizzare le diete dei pazienti, basandosi su specifiche caratteristiche genetiche, con l’obiettivo di migliorare la salute intestinale e la qualità della vita.

Previous post

Pausa attiva: come brevi sessioni di camminata aumentano il dispendio energetico quotidiano

Next post

Aumento dei casi di polmonite atipica nel 2024-2025: il ruolo del Mycoplasma pneumoniae