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Morto dopo un trapianto, quali sono le procedure che vanno seguite?

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Un sessantenne è morto all’ospedale San Camillo di Roma dopo un trapianto di cuore avvenuto due giorni prima all’ospedale San Raffaele di Milano.

Al San Raffaele avevano effettuato la coronografia ed un esame ecocardiografico, che hanno dato esito normale.

Il direttore dell’unità di cardiochirurgia del San Camillo, Francesco Musumeci, ha spiegato che il donatore “era un uomo di 46 anni, deceduto in piscina, e che aveva riportato danno cerebrale”.

”Gli esami hanno cioè dimostrato che il cuore era in condizioni perfette”. L’uomo ha riportato, ha proseguito, “un danno cerebrale irreversibile e si è proceduto all’espianto”.

Inoltre non aveva utilizzato alcun farmaco cardiologico particolare. Il cuore espiantato, ha ribadito “era perfettamente funzionante e tutte le procedure e linee guida standard sono state rigidamente seguite. Tutto è stato fatto con estrema responsabilità e precisione sia dall’ospedale San Raffaele sia dal San Camillo e le notizie riportate da alcuni giornali non rispondono a verità”.

Il ministro Lorenzin ha dichiarato che la notizia se confermata è ”gravissima e inaccettabile” anche perché riguarda “un sistema come quello italiano sui trapianti, che ha una procedura tra le migliori al mondo”, aggiungendo che saranno ”attivate le procedure di verifica”.

Una consulenza medico legale disposta dalla procura di Roma ha invece stabilito che il cuore trapiantato nel paziente non era idoneo. L’accertamento tecnico è inserito nel fascicolo inviato dai pm di piazzale Clodio, per competenza territoriale, ai colleghi di Milano. La procura ha aperto un fascicolo per “omicidio colposo” giunto a Milano “perché l’errore medico (questa l’ipotesi) si sarebbe consumato al San Raffaele”.

Quali sono le procedure dei trapianti?

Il donatore di organi viene sottoposto a un accurato processo di valutazione che si basa sulla raccolta dell’anamnesi, dell’esame clinico, degli esami di laboratorio e di una minuziosa ispezione degli organi al prelievo.

Oggi il miglioramento delle metodiche utilizzate e la valutazione clinica del donatore consentono un altissimo grado di sicurezza del trapianto, nonostante il tempo a disposizione sia solitamente limitato, anche se non è assoluta.

Può, infatti, accadere ad esempio che un donatore abbia una malattia virale, non documentabile anche con i più sofisticati test; la potenzialità di trasmettere una patologia con un trapianto è però un’evenienza remota, proprio per l’accuratezza con la quale vengono valutati i donatori.

Gli organi che risultassero eventualmente a rischio di trasmettere patologie infettive, comunque, in certi casi selezionati possono essere comunque trapiantati, ovviamente dopo aver adeguatamente informato il paziente e averne ottenuto una dichiarazione di consenso. E’ previsto che il paziente accetti questa tipo di donazione già al momento dell’inserimento in lista e la confermi al momento dell’eventuale trapianto. E’ evidente che ogni organo viene proposto quando, a giudizio del clinico che effettua il trapianto, il beneficio risulti superiore al rischio.

 

Fonte: Ansa

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