CUORE E SPORT: IN ITALIA PIU’ CONTROLLI MENO RISCHIO
Gli atleti in Italia rischiano di meno la morte cardiaca improvvisa. Come mai? Ce lo spiega il calciatore Marco Di Vaio e Antonio Pelliccia, responsabile del reparto di cardiologia dell’Istituto di Medicina e Scienze dello Sport del CONI. Ne hanno parlato ad una tavola rotonda del Festival della Scienza Medica di Bologna: tutto merito della normativa italiana per i controlli sull’idoneità sportiva, la più avanzata al mondo.
“Ho giocato un Spagna, in Francia e negli USA e ho notato molto meno peso dato a questi controlli per gli atleti. Sicuramente un male perché un altro calciatore italiano, che in Italia non aveva ricevuto l’idoneità dopo i controlli, negli USA giocava tutte le domenica, bastava che firmasse una liberatoria” ci rivela Di Vaio. Dunque in Italia la normativa per i controlli sull’idoneità sportiva salvano la vita!
Già nel 1950 con la legge 1050 fu presente questa normativa e tutt’oggi persiste. Quando gli atleti stranieri vengono in Italia e sono sottoposti a tutti questi controlli restano sorpresi. “Non sono abituati a così tanta prevenzione e sicurezza per gli atleti” continua Di Vaio. Antonio Pelliccia invece ci spiega: “L’obiettivo non è solo salvare le vite, ma affermare con forza il concetto della medicina preventiva con test che costano in media 50 euro, svolti dal medico dello sport”.
Negli anni, i dati raccolti dimostrano che grazie allo screening la mortalità degli sportivi nel nostro Paese è realmente diminuita. E’ errato credere che il cuore degli sportivi sia più in forma di quello dell’altri, anzi. “Abbiamo osservato che negli atleti olimpici, per esempio, si osservano alterazioni cardiovascolari nel 4 per cento dei casi, fra gli sportivi amatoriali la percentuale si dimezza” prosegue Pelliccia.
Il motivo lo spiega il cardiologo e anatomopatologo dell’università di Padova Gaetano Thiene: «L’attività sportiva triplica il rischio di morte improvvisa perché ‘smaschera’ malattie silenti che senza lo sport potrebbero non manifestarsi”. Quando è colpa del cuore la causa è un’aritmia nel 90% dei casi. Gran parte di questi difetti possono essere visti tramite un esame attento e prevenuti.
“Da noi, i casi di atleti morti per una cardiomiopatia ipertrofica sono pochissimi perché di solito li riconosciamo con l’ecocardiogramma, negli Stati Uniti sono molto più comuni. Purtroppo però esiste anche una piccola quota di soggetti con cuori normali in cui si verifica lo stesso una morte improvvisa” conclude il cardiologo Thiene.
Proseguire gli studi e cercando così di trovare il modo per intercettare i problemi al cuore il prima possibile è l’obbiettivo futuro. Sicuramente anche avere un occhio di riguardo per gli atleti sarebbe un ottimo inizio.