La speranza: una pillola per l’Alzheimer
La malattia Alzheimer si manifesta, nel principio, con il dimenticare le cose più semplici, con vuoti di memoria che spesso vengono trascurati.
Pian piano tali manifestazioni diventano più frequenti e più gravi, fino a diventare una vera demenza talmente disabilitante da non permettere all’individuo di vivere.
Fu il neurologo tedesco Alois Alzheimer che nel 1907 scoprì la malattia, descrivendo sintomi e probabili cause. Lo scienziato attestò su cadaveri di deceduti per malattia mentale, delle placche nel cervello di cui ancora oggi, nonostante la ricerca, non si riesce a capirne le cause.
Dalla ricerca farmaceutica ora appare una speranza concreta: un farmaco che promette la riparazione delle lesioni al cervello prodotte dalla malattia Alzheimer e dall’Ictus. Una cura che, mixando una serie di molecole in una sola pasticca, sembrerebbe in grado di riattivare le capacità celebrali, riportando il cervello del soggetto malato alle prestazioni precedenti la malattia.
La ricerca è stata condotta dalla Penn State, Università statale della Pennsylvania dove sono state scoperte le particolari attività benefiche di alcune molecole che riescono a rigenerare le cellule malate.
Secondo gli scienziati autori della ricerca, Gong Chen e Verne M. Willaman, i neuroni danneggiati a causa dell’Alzheimer, o per Ictus celebrale, non sono in grado di rigenerarsi in maniera naturale. Alcune cellule chiamate gliali, che insieme ai neuroni fanno parte del sistema nervoso, possono rigenerarsi intorno a quelle danneggiate, ripristinando la normale funzionalità celebrale.
Lo studio ha segnato sostanziali elementi di novità rispetto alle ricerche effettuate in precedenza. Si è constatato il ruolo delle cellule gliali per il nutrimento dei neuroni e la capacità delle stesse di comunicare tra loro, formando una rete neurale.
L’altra importante novità della scoperta è data nella metodologia di somministrazione, tramite pillola, pertanto estremamente pratica ed economica. La ricerca è agli inizi e passerà ancora tempo prima della somministrazione agli uomini.
I risultati però fanno veramente ben sperare per il futuro dei malati e per la lotta a questa brutta malattia.