In tutto il mondo, il giorno 6 febbraio, si celebra la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. Si tratta di una pratica che va dall’incisione all’asportazione (in parte o in tutto) dei genitali femminili esterni. Essa è indissolubilmente legata alla cultura locale, la quale vede nella mutilazione una sorta di rito di passaggio all’essere donna o un requisito essenziale per il matrimonio.

Oltre ad essere molto dolorosa e traumatizzante per le bambine che la subiscono, tutto ciò rappresenta non solo una grave violazione dei diritti umani, ma anche una discriminazione sociale nonché manifestazione di disuguaglianza.

Nonostante questa pratica antica e brutale sia oggi vietata per legge in molti paesi, purtroppo essa continua a sussistere e ad essere praticata coinvolgendo circa 200 milioni di ragazze e donne in 30 paesi, provocando complicazioni anche molto gravi, sia a livello fisico che psicologico, a chi la subisce.

Il continente in cui le mutilazioni sono più diffuse è senza dubbio l’Africa: la percentuale di donne, ragazze e bambine che hanno subito e subiscono ancora questa pratica è molto elevata. Il fenomeno riguarda anche bambine e giovani migranti che vivono nel nostro territorio, spesso a rischio quando tornano nel loro paese di origine per visitare i parenti. Per tutti questi motivi, è stata istituita tale giornata per diffondere una maggiore consapevolezza sulla brutalità di questa pratica. Per poter contrastare questa terribile violenza è necessario che se ne parli e che l’attenzione su questa problematica rimanga alta.

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